Giro di orizzonti sul dopo Prarostino: come evitare nuovi scivoloni?
«Non so definire il mio stato d’animo ieri, ero inca**ato nero e allo stesso tempo deluso, preoccupato per quello che sta succedendo». Roberto Vernassa è un signore pacato, un team manager lungimirante che dà tutto per i suoi giovani e per far crescere la sua squadra. Ma dopo Prarostino, dopo la protesta degli amatori e di tutti gli atleti per l’organizzazione carente e la pericolosità della due giorni di Coppa Italia, è stato il primo a scrivere a MTBnews.it per dire la sua: «Chi gestisce la discesa ha dimostrato di essere non all’altezza del suo compito – continua il team manager di Argentina bike – e allo stesso tempo di essere arrogante nel sostenere delle scelte impopolari che non sono condivise da nessuno».
Il parere di Vernassa è simile a quello di molti altri team manager: la ricetta per trovare una soluzione è però differente per ognuno. E il problema si trascina ormai da anni. Molte squadre non hanno aderito allo “sciopero” proclamato da alcuni team amatoriali, ma il pensiero è condiviso: «Concordavo con la raccolta di firme avvenuta prima della partenza – dichiara Tomaso Ancillotti, team manager della squadra omonima – ma ho preferito correre e far gareggiare i miei atleti: spiego perché. La quasi totalità degli amatori si sta disamorando di questo sport, ma non correre era “darla vinta” a chi non si è preoccupato che tutto fosse fatto a regola d’arte: 20 o 30 amatori che non corrono hanno fatto solo un piacere, dopo aver speso soldi in trasferta, per l’albergo, per l’iscrizione. Chissà se in Federazione si renderanno conto dell’errore e una volta tanto faranno un mea culpa e torneranno indietro, o se per orgoglio di qualcuno trascineranno a fondo questo stupendo sport…».
«Purtroppo quanto è stato detto a commento della gara di Prarostino è quasi tutto vero – dichiara Romano Favoino del team Iron Horse – Kenda – Playbiker – La logistica era pessima, le risalite inesistenti. Per il fattore sicurezza non so dire nulla perché non l’ho potuto verificare direttamente. Il tracciato è interessante, e forse non tutti erano all’altezza di poterlo affrontare, ma questo è un parere squisitamente personale».
«Premetto anche io che il percorso non era né meglio né peggio di altri che abbiamo incontrato – dice Andrea Bruno del team Ready2Ride – MDE bikes – quindi bando alle discussioni sulla pericolosità “assoluta” del tracciato o della sua ”bruttezza”. E’ evidente che la gara di Prarostino ha evidenziato come (inspiegabilmente) in Italia si riesca sempre a complicarsi la vita e non si usi il cervello ai livelli minimi di ragionevolezza. L’assurdità delle situazioni che si sono create, conoscendo le abitudini del nostro bel paese, non può che farmi pensare che qualcuno avesse un interesse diretto a portare la gara a Prarostino, una gara internazionale in mezzo ai boschi, in una località poco nota che non dà visibilità al nostro sport e non dà nessun ritorno alla località stessa. Davvero strano».
Reinhard Schwienbacher del team Alutech è della stessa idea: «Una gara internazionale a Prarostino non andava fatta. Tralasciando i problemi organizzativi e logistici che, seppur gravi, sono riferibili alla singola gara, mi sto chiedendo: i vertici federali possono permettersi di andare avanti a ignorare le richieste dei piloti? Sembra che non vedano cosa succede attorno a sé. Noi avremo corridori più forti se la federazione finalmente si decidesse a lavorare con i giovani! Invece la Federazione taglia i fondi… Voglio chiudere con una frase scritta dal CT Antonio Silva in una sua email del 19 maggio: “Guardiamo avanti e spingiamo, il passato è passato e non serve voler restare fermi per paura di sbagliare, non è da discesisti!“. Mi viene da rispondere: Antonio, mettiti al cancelletto di partenza e noi ti spingeremo con tutte le nostre forze».
Ma proprio Antonio Silva, contattato per dare un parere da parte della Federazione,ha preferito non rispondere («Discutere purtroppo non serve a nulla, quando le posizioni dall’altra parte cambiano di continuo») per non alimentare ulteriormente la polemica: Silva si sta impegnando da anni per la crescita del movimento gravity, e forse è l’ennesima vittima della Federciclismo, che gli ha prorogato l’incarico a tempo indeterminato, ma non gli ha ancora rinnovato la nomina e approvato i piani di lavoro. Proprio la Federazione viene chiamata in causa come vero motivo del flop organizzativo: c’erano mesi per valutare il potenziale organizzativo di una località, e il risultato finale è stata l’organizzazione di una gara internazionale peggio di molte regionali.
«La rivolta, si badi bene, non era diretta solo contro l’organizzazione, ma in massima parte contro la dirigenza FCI – commenta Alberto Ancillotti – perché la scelta di Prarostino è stata un errore. Persino l’organizzatore lo ha ammesso, e su questo bisogna rendergli merito. Il responsabile FCI incaricato di visionare il sito ed il percorso ha dato il suo OK a questa locazione palesemente inadatta sia dal punto di vista della logistica, sia della sicurezza».
«E ne è nata una vera rivolta spontanea degli amatori – prosegue Ancillotti – una cosa che per la dimensione e rabbia ha sorpreso pure me, che comunque ne conoscevo le cause. Era molto tempo che gli amatori, e non solo, erano bersaglio di una politica dissennata e persecutoria. Prarostino è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso, con tempi di attesa allucinanti, logistica sconcertante, assolutamente inadatta ad ospitare una gara di questa dimensione, numerosi e gravi incidenti che hanno fatto sentire non solo gli amatori ma un po’ tutti, carne da cannone».
«La situazione degli amatori si conosceva già prima – continua Andrea Bruno – e forse una protesta poteva partire in anticipo, ma la situazione a Prarostino ha acceso la miccia e la situazione è precipitata. Ora vedremo, spero riparta seriamente il discorso “comitato team” e che dalla Federazione arrivi un nome – uno solo – che sia responsabile di recepire e intervenire…». Sulla stessa linea è Vernassa: «Spero che la protesta vada avanti, spero che vengano denunciate le cose che non vanno, e che si trovi una soluzione. Quando le cose sono a questo punto bisogna avere il coraggio di denunciarle e non aver paura di offendere qualcuno».
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