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10 domande a… Romano Favoino

Romano FavoinoRomano Favoino è il “boss” del downhill italiano. Importatore di Iron Horse e di una bella fetta dei marchi più “cool” della mountain bike gravity negli ultimi anni, nel 2007 ha messo in piedi il team Playbiker – Iron Horse, primo UCI trade team italiano, che nel 2008 è diventato a tutti gli effetti una multinazionale della bici, comprendendo tra le proprie fila talenti come Floriane Pugin, campionessa del mondo junior di downhill nel 2007, Nathan Rankin e Lorenzo Suding, oltre alla pluricampionessa italiana Elisa Canepa, cresciuta con il team. Speaker in molte delle gare italiane, giornalista e fotografo per il mensile Tutto mountain bike, “Rommel” è indicato da gran parte degli addetti ai lavori come l’artefice del salto di qualità che il downhill italiano ha attuato negli ultimi anni, a livello di immagine e di risultati. Il team Playbiker sta acquistando peso a livello internazionale (ha chiuso la classifica per team 2008 al settimo posto) e per primo ha portato stranieri di livello a correre nel circuito italiano.
Per la stagione alle porte, i progetti sono tanti, ma ancora tutti rigorosamente segreti: sono trapelate, come indiscrezioni ancora non confermate, l’arrivo di un giovane talento australiano, l’accordo con Bos per le sospensioni e la riconferma di buona parte degli atleti dello scorso anno, escluse le partenze di Suding verso Dayco e di Adam Brayton, che correrà nel team di Ben Reid.

1. L’evento più bello della stagione
Per quanto riguarda gli aspetti più prettamente racing, gli eventi più belli sono stati due.
L’italiano di Pila è stato un momento magico con le vittorie di Alan, Elisa, Lorenzo, Edo e Paolo (rispettivamente, Beggin, Canepa, Suding, Franco e Alleva, ndr), che hanno – almeno spero – ripagato anche l’investimento fatto dalla località nel sostenere il team logisticamente tutta la stagione.
A Schladming poi abbiamo avuto la conferma che tutto sommato la stagione internazionale del team è stata ottima, con la definitiva maturazione di tutti i nostri ragazzi, ma soprattutto con il secondo posto nonostante un “little crash” di Floriane (Pugin, ndr), il 12esimo di Nathan (Rankin, ndr) e il 13esimo di Elisa. Risultati che hanno portato il team ad essere il terzo team di giornata dietro a Yeti e ad Animal – Commençal ma davanti a Santa Cruz Syndicate e Monster Energy – Iron Horse e il settimo team della classifica finale di coppa.
Un altro momento emozionante e gratificante a livello personale è quando ho ricevuto la convocazione da parte dell’UCI a partecipare come uno dei 5 team rappresentanti il gravity mondiale alla riunione di Andorra, dove sono state delineate le linee guida della stagione 2009.

2. La giornata peggiore
Fort William per noi è stata una tappa di coppa molto dura. Io purtroppo non sono riuscito ad essere con il team, per cui ho sofferto seguendo in diretta su Freecaster.tv quello che stava succedendo, con Simon Cittati che mi aggiornava del “dietro le quinte” al cellulare. E’ stato un giorno sfortunatissimo per noi, eccezion fatta per Elisa finalmente qualificata in finale nonostante fosse forse la pista meno indicata per lei. Una serie di forature ha fermato i nostri atleti, allontanandoli dalla finale o come nel caso di Floriane da un possibile podio. So che è stato un momento difficile per Simon, Tiziano e Giulio (Mammana e Neri, i due meccanici del team, ndr) e io purtroppo in quel momento non ero lì con loro. In più mi è stato riportato che quel giorno il cronometraggio non ha funzionato alla perfezione (e non lo dico solo io) con la starting list scritta a mano e con atleti che hanno partecipato alla finale senza averne il diritto. Lorenzo purtroppo è stato penalizzato al contrario, trovandosi con circa 20 secondi in più tra il tempo segnato a display e quello poi riportato in classifica. Dopo Andorra – con il reintegro di Cédric Gracia in semifinale nonostante non si fosse presentato in partenza quand’era il suo turno – era il secondo errore commesso dall’UCI. Per me è un grosso rammarico perché avrei dovuto essere là. Regole e cronometro servono a funzionare il sistema per cui bisogna sempre averne la certezza.

3. La gara e il percorso più bello del calendario italiano
Pila indubbiamente ha regalato un italiano da grandi contenuti tecnici e ha consentito a tutti gli iscritti di confrontarsi sullo stesso percorso della coppa del mondo. Incredibile come il roccione da saltare subito dopo la partenza che aveva messo in crisi tanti rider ai tempi della coppa del mondo nel 2005 adesso è affrontato da molti atleti italiani. Questo dimostra come il livello della discesa si sia alzato moltissimo negli ultimi anni. Lo stesso dicasi del muretto in uscita dalla pietraia.
Fuori categoria, permettetemi di citare il percorso del mondiale in Val di Sole, tracciato dal buon Pippo Marani. Più volte accusato in Italia di tracciare percorsi “old school“, ha ricevuto commenti positivissimi da top rider e addetti ai lavori. E’ proprio vero che nessuno è profeta in patria.

4. Il tuo idolo di tutti i tempi, nel mondo del downhill
Per me Steve Peat è il numero uno in gara e fuori. Mi piace il suo stile di guida, la scelta delle linee, che lo fa andare forte anche quando sembra essere il più lento di tutti. Mi ricordo quando vinse a Willingen nel 2006: dopo le prove nessuno avrebbe scommesso su un suo possibile podio. Mentre gli altri provavano doppi improbabili e salti assurdi, quel giorno Peaty scelse le linee più pulite e salì sul gradino più alto. E’ un vero fuoriclasse, sempre disponibile con tutti; in più ha un gran cuore e non è un caso che gli sia stato conferito un dottorato ad honorem. E poi posso garantire che è un ottimo compagno di bevute…
In Italia stimo moltissimo tutti gli atleti che hanno fatto grande questo sport, anche se con alcuni di loro purtroppo non ho avuto modo di approfondire la conoscenza. Correvano non per essere i numeri uno in Italia, correvano per essere i numeri uno e basta! Infine un mio idolo squisitamente personale è Rudy della “Bicicletteria” di Milano: è lui che mi ha fatto scoprire che la mountain bike può essere molto più divertente se usata “all’ingiù”.

5. Come è cambiato il mondo del downhill da quando sei nell’ambiente? E le biciclette?
Sono entrato nel magico mondo della mountain bike solo nel 2000, e ho iniziato a seguire il DH nel 2001. Dal mio punto di vista in questi 8 anni non si può parlare di cambiamenti ma di evoluzione. Basterebbe rivedersi i vecchi Sprung per rendersene conto. Credo che proprio in quegli anni si sia delineato il downhill così com’è oggi, sia come sport che come mezzi. I percorsi di allora sono tuttora validi, meno da padelloni da 50 e passa denti (come alla Kamikaze – custodiamo gelosamente una corona di questo tipo in ufficio) e più tecnici, grazie a sospensioni ormai proiettate verso i 200 millimetri di escursione. Un telaio, una forcella o un ammortizzatore di allora non sarebbero del tutto fuori luogo oggi.

6. Quale ruolo pensi dovrebbero avere i media in questo sport?
Che i media possano aiutare il gravity a svilupparsi ulteriormente è assodato, e maggiore copertura c’è da parte loro meglio è per il nostro sport. L’UCI l’ha compreso e non a caso ha investito praticamente tutti i proventi della sponsorizzazione Nissan per la produzione video e il conseguente accordo con Freecaster. Inoltre – e sono dati ufficiali – in termini di spettatori sia sui campi di gara che live in internet il gravity riscuote maggior successo del cross country.
Piuttosto bisogna interrogarsi su cosa possiamo fare affinchè anche a livello nazionale ci sia maggior attenzione nei nostri confronti. In questo senso ci vorrebbe maggior impegno da parte di tutti, Federazione, team e organizzatori. Invece spesso l’immagine del gravity nazionale è sottovalutata a cominciare già dagli addetti ai lavori, il che sicuramente non aiuta ad aumentarne l’appeal mediatico, nonostante sia uno sport molto spettacolare.

7. Che cosa serve per far crescere il movimento?
Il movimento è già cresciuto molto negli ultimi anni e già prenderne coscienza è un bel passo in avanti. Per farlo crescere ulteriormente bisognerebbe allargarne la base, soprattutto per quanto riguarda gli atleti più giovani. Come ho già avuto modo di dire in passato oggi purtroppo i più giovani del movimento sono spesso figli di atleti e appassionati e pertanto è un circolo abbastanza impermeabile all’ingresso di nuove leve. Un buon calendario di gare regionali, che si svolgono in una giornata e che sono raggiungibili in poco tempo sarebbe un buon strumento per avvicinare sempre più nuovi rider alle gare. Anche il ragazzino che vorrebbe provare a fare una gara con la sua rigidina avrebbe in tal senso meno ostacoli.

8. I tuoi obiettivi per il prossimo anno
Da parte dello staff del team c’è il massimo impegno a garantire agli atleti del nostro team tutte le risorse necessarie ad affrontare una stagione lunga e dispendiosa, con almeno tre trasferte oltreoceano (Sudafrica, Canada e Australia, ndr). Inoltre come nella stagione passata cercheremo di garantirgli la massima visibilità. Mi aspetto da parte loro un ulteriore passo in avanti nel ranking UCI rispetto ai già ottimi risultati ottenuti nel 2008, sia a livello individuale che come team. I presupposti ci sono tutti.
Durante i periodi che passeremo a Pila tra una gara e l’altra utilizzeremo il tempo non solo per gli allenamenti ma anche per fare un po’ di coaching con alcuni tra i più promettenti giovani rider italiani.

9. Un giovane emergente su cui scommetteresti per il futuro
C’è un bel gruppo su cui si può lavorare, e che sicuramente può trarre beneficio dalla vicinanza con i migliori rider (italiani e non) che frequentano il circuito nazionale. Tra quelli che più mi hanno impressionato non posso non citare Gianluca Vernassa e Francesco Colombo. Ma vedo anche delle potenzialità in Marco Perardi, che potrebbe trarre beneficio dalla vicinanza con nuovi compagni di team in Dayco, in Jacopo Orbassano che deve crescere fisicamente e nei fratelli Caire.
Come dice l’amico Roby Vernassa “lasciamoli divertire però”; in questo senso condivido la sua idea di limitare le caratteristiche delle bici per la categoria esordienti a forcella monopiastra con escursione anteriore e posteriore massima di 150-160 millimetri. A 13 anni una bici per fare tutto basta e avanza.

10. Il 2008 verrà ricordato per…
Il ritiro dalle gare di Alan Beggin è la cosa più triste che ci lascia il 2008, a maggior ragione se poi consideriamo tutte le polemiche che ne sono seguite. La discesa italiana ha perso uno dei suoi figli più preziosi non essendo riuscita ad essergli d’aiuto in un momento difficile. Questo ci deve far riflettere tutti.
Altri momenti che mi hanno particolarmente colpito nel 2008 sono la caduta di Sam Hill a due curve dall’arrivo del mondiale in Val di Sole e la vittoria di Sam Blenkinsop nella finale di coppa di Schladming. La gara più emozionante a cui abbia mai assistito.

Link
Il sito del team Playbiker (in inglese).

by Alessandro Mano, pubblicato il 25 gennaio 2009 alle 12:49 e archiviato in: interviews tag: 2000 • 2001 • 2005 • 2006 • 2007 • 2008 • 2009 • adam brayton • alan beggin • andorra • australia • ben reid • bicicletteria • bos • canada • carlo caire • cedric gracia • circuito nazionale downhill • commencal • commezzadura • coppa del mondo • dayco • downhill • edoardo franco • elisa canepa • fci • floriane pugin • francesco colombo • freecaster • gianluca vernassa • giulio neri • gravity • iron horse • jacopo orbassano • just reid • kamikaze • lorenzo suding • marco perardi • mike skinner • monster energy • nathan rankin • nissan • paolo alleva • pietro caire • pila • pippo marani • playbiker • roberto vernassa • romano favoino • rommel • sam blenkinsop • sam hill • santa cruz • schladming • simon cittati • sprung • steve peat • sudafrica • tiziano mammana • trade team • tutto mtb • uci • val di sole • willingen • yeti

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