«Ok riders lets set ‘em up… Riders ready, watch the gate…»
Il mondo delle ruote grasse e veloci è in continuo subbuglio. In nemmeno vent’anni di vita, i mutamenti nel downhill e nelle discipline affini sono stati enormi, molto più evidenti che in ogni altro settore della mountain bike o del ciclismo in generale. Mutamenti nella tecnica (dagli elastomeri alle forcelle ad aria), nei percorsi (poco più che “cross country in discesa” ad inizio anni ’90, con salti mozzafiato e parti artificiali sempre più marcate negli ultimi anni), nei protagonisti (da John Tomac, iridato nell’XC e nel downhill, agli iperspecialisti e funamboli dei primi anni 2000), nella mentalità, forse l’elemento ad essere cambiato di meno, rimanendo autentico e vitale.
I media sono sempre, o quasi, rimasti lontani da questo mondo. La nostra cara Rai trasmette giusto giusto i mondiali, in sintesi, di downhill e four-cross. La stampa ignora qualsiasi gara che non sia in Italia, e che non sia marchiata Uci. Eppure il web, e le testate specializzate, producono fotografie e video in grande quantità, per raccontare uno sport spettacolare e ancora poco conosciuto e sfruttato. Un reticolo di colori e suoni, in cui il racconto è minoranza, e in cui l’organizzazione è carente, è in continua crescita.
L’obiettivo di questo progetto è quello di raccontare. Di mettere ordine, per quel poco che è possibile, nella grande produzione amatoriale e professionale legata a quelle che gli statunitensi chiamano “discipline gravity”.
Buona lettura.
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